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IL CONGEDO DI PATERNITÀ OBBLIGATORIO SI FA PIÙ INCLUSIVO

Aggiornamento: 7 giorni fa

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A cura di Ilaria Pistininzi


Negli ultimi anni il tema dei congedi parentali è diventato sempre più centrale nel dibattito relativo la conciliazione dei tempi di vita e lavoro, oltreché delle pari opportunità, diventando strumenti di inclusione e riconoscimento dei diversi modelli familiari che oggi convivono nella nostra società.


In questo contesto si inserisce il Messaggio INPS del 5 novembre 2025, n. 3322 con cui l’Istituto interviene a chiarire il diritto al congedo di paternità obbligatorio a favore del c.d. genitore intenzionale” (nella fattispecie considerata dall’Istituto trattasi di lavoratrice che riveste il ruolo altro genitore in una coppia di due donne). Provvedimento, questo, che consegue alla Sentenza della Corte Costituzionale 6 maggio – 21 luglio, n. 115 quale attenzione e innovazione in una tutela più equa e inclusiva della genitorialità.


La Corte Costituzionale, con la sentenza citata e pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 23 luglio 2025, ha dichiarato illegittimo l’articolo 27-bis del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. 

La questione era stata sollevata dalla Corte d’appello di Brescia, che aveva ritenuto discriminatoria la disposizione in oggetto, la quale consente soltanto al padre di fruire del congedo di paternità obbligatorio, pari a 10 giorni di astensione dal lavoro retribuiti al 100%, escludendo, quindi, dal beneficio la “seconda madre”, nel caso in cui la coppia di genitori sia formata da due donne riconosciute entrambe, perché iscritte nei registri dello stato civile, come madri dallo Stato italiano.


Con la sentenza indicata, la Corte ha ritenuto manifestamente irragionevole la disparità di trattamento tra coppie genitoriali composte da persone di sesso diverso e coppie composte da due donne riconosciute come genitori di un minore legittimamente attraverso tecniche di procreazione medicalmente assistita svolte all’estero conformemente alla lex loci.

Costoro, infatti, ha osservato la Corte, condividendo un progetto di genitorialità, hanno assunto, al pari della coppia eterosessuale, la titolarità giuridica di quel fascio di doveri funzionali alle esigenze del minore che l’ordinamento considera inscindibilmente legati all’esercizio della responsabilità genitoriale. L’ orientamento sessuale, ha precisato la Consulta, non incide di per sé sulla idoneità all’assunzione di tale responsabilità. Risponde all’interesse del minore, che ha carattere di centralità nell’ordinamento nazionale e sovranazionale, vedersi riconoscere lo stato di figlio della madre biologica, che lo ha partorito, e di quella intenzionale, che abbiano condiviso l’impegno di cura nei suoi confronti. Il diritto del minore a mantenere un rapporto con entrambi i genitori è riconosciuto a livello di legislazione ordinaria (articoli 315-bis e 337-ter del codice civile) nonché da una serie di strumenti internazionali e dell’Unione europea.

Con riguardo, in particolare, alla provvidenza in questione, osserva la Corte, viene in rilievo l’esigenza di dedicare un tempo adeguato alla cura del minore, anche attraverso la modulazione di quello da destinare al lavoro, in coerenza con la finalità di favorire l’esercizio dei doveri genitoriali secondo una migliore organizzazione delle esigenze familiari, in un processo di progressiva valorizzazione dell’aspetto funzionale della genitorialità, identico nelle formazioni costituite da coppie omosessuali ed eterosessuali.

Ed è ben possibile, conclude la Corte, identificare nelle coppie omogenitoriali femminili una figura equiparabile a quella che è la figura paterna all’interno delle coppie eterosessuali, distinguendo tra la madre biologica e quella intenzionale, che ha condiviso l’impegno di cura e responsabilità nei confronti del nuovo nato e vi partecipa attivamente.


Di fatto, pertanto, i 10 giorni di congedo di paternità obbligatorio, previsti per il padre lavoratore dipendente, spettano ora anche alla lavoratrice che riveste il ruolo di genitore intenzionale, se entrambe le madri risultano genitori nei registri dello stato civile. È un riconoscimento che supera la distinzione tra “madre biologica” e “padre” e guarda piuttosto alla sostanza del legame genitoriale.

Il diritto decorre dal 24 luglio 2025, ma l’INPS ha chiarito che le fruizioni avvenute prima di questa data non sono considerate indebite, purché effettuate nel rispetto delle regole allora vigenti. In pratica, nessuna sanzione o recupero di somme verrà prevista per chi avesse già fruito del congedo in buona fede.


Le sedi territoriali INPS potranno riesaminare le domande già presentate per il pagamento diretto dell’indennità, su istanza della lavoratrice interessata e nel rispetto dei termini di prescrizione e decadenza.


Il chiarimento riguarda anche i rapporti di lavoro ancora in corso o non definiti alla data del 24 luglio 2025. Un aspetto importante, perché consente di sanare e riconoscere situazioni ancora aperte.

Il Messaggio INPS del 5 novembre 2025, n. 3322 non è solo un atto interpretativo, ma un passo concreto verso un diritto del lavoro più equo e inclusivo. Una norma che parla di famiglie, di riconoscimento, e di pari opportunità.

 

 
 
 

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